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Calice da vino |
La magnetica brillantezza, morbida e siderea, del bicchiere è legata al piombo. Incredibile a dirsi ma è così.1 |
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È l’ossido di piombo, in percentuale maggiore al 24% in peso perché si possa legalmente parlare di cristallo superiore e non di vetro sonoro o semplice cristallo al piombo, che aggiunto alla miscela iniziale di polveri di silice e carbonato di sodio - da portare intorno ai 1000 °C per poterla soffiare a bocca e modellare, e poi condurre a velocità che se ne fregano delle dinamiche d’equilibrio in retromarica sulla scala Celsius, la scelta atomica tra il rigore a lungo raggio dello stato solido e la temperata anarchia dei liquidi che si invischia nell’amorfizzazione vetrosa - ne aumenta la densità e di conseguenza indice di rifrazione e dispersione ottica, scaraventando il color rubino scarico e compatto del vino - uno Chateauneuf-du-Pape del ‘64, lo stesso anno in cui un affannato ragazzotto in tuta acetata, sudato ma orgogliosamente ritto nel flusso vorticoso e vociante di studenti che segnava la fine dell’ora di ginnastica, offrì il braccio alla rossa del terzo banco, zoppicante per una brutta storta alla caviglia presa di ritorno da un muro nella solita partita di pallavolo tra compagne, senza nemmeno lontanamente immaginare che quel gesto di cortesia ordinaria li avrebbe portati ben più lontano che in classe, commossi di fronte al tuo pianto isterico di benvenuto alla vita - in lampi affilati diretti al tuo occhio dalla coppa, capacità 590 cc, la cui forma ti fa subito pensare alla corolla di un tulipano e non riesci nemmeno a mettere bene a fuoco l’associazione che è lo stesso sommelier a chiamarlo così, tulipano, per poi continuare la presentazione, nel suo abito su misura rosso Barbera dentro al quale sembra essere stato versato da un mescitore onnipotente in grado di riempire fino all’orlo senza far mai traboccare una goccia qualunque recipiente, con la spiegazione di come la scala e la geometria dell’Hermitage, appartenente alla linea Sommeliers della Riedel, inducano il bevitore ad assumere, nell’atto di sorseggiare, una postura del capo ottimale per la rigorosa distribuzione delle note acidule, dei tannini, delle sfumature minerali di quel vino dall’elegante struttura serica sulla lingua, secondo i dettami della mappa dei sapori. |
Molti giovani scrittori hanno provato a seguire le orme di Wallace. |
“L’obiettivo di questo ragazzino in particolare era riuscire a premere le labbra su ogni centimetro quadrato del proprio corpo” |